sabato 3 dicembre 2011

L'osservatore di nuvole


Tra le tante, se c’ era una cosa che proprio non riusciva a capire era quello strano modo di fare della gente.

Ogni volta che qualcuno gli chiedeva “tu cosa fai nella vita?” tutti si aspettavano che lui rispondesse “faccio l’ operaio”, o “lavoro in fabbrica”, perchè lui effettivamente lavorava in fabbrica sin da quando era giovane.
Tutti i giorni lui si alzava di prima mattina per recarsi in quell’ antro grhttp://www.blogger.com/img/blank.gifigio e nauseabondo che era il suo magazzino, e usciva solo al tardo pomeriggio, per tornare a casa. In realtà però lui faceva tutto ciò semplicemente per guadagnare, avere una tetto, e potersi concedere alla sera qualche ora di riposo osservando dalla finestra le nuvole passare.
Si, perchè questa era la cosa che davvero amava fare: osservare le nuvole.
E trovava illogico il fatto che dovesse dire “sono un operaio” semplicemente perchè faceva l’ operaio per quasi tutto il suo tempo.

Lui lavorava tutto il giorno in quella fabbrica.
Ma lui, prima di tutto, era un osservatore di nuvole.



dal blog Liberarchia

sabato 5 novembre 2011

Le cose come stanno



Il pensiero che più mi rattrista è quello di sapere che siamo noi a permettere che tutto ciò avvenga....

Il pensiero che più mi rallegra invece è quello di sapere che siamo noi a poter cambiare tutto questo! E lo possiamo fare ogni volta che vogliamo!!


"It's only a choice. No effort, no work, no job, no savings of money. A choice, right now, between fear and love. The eyes of fear wants you to put bigger locks on your door, buy guns, close yourself off. The eyes of love, instead see all of us as one."

venerdì 16 settembre 2011

è solo una giostra



Bill Hicks era solito finire i suoi discorsi con queste parole:


La vita è come un giro su una giostra ad un parco divertimenti,
quando ci sali sopra pensi sia reale, perché è la forza delle nostre menti.
Si sale, si scende, si ruota su se stessi…
Si hanno momenti di tensione e di felicità… Ed è tutto colorato…
Ed è tutto molto rumoroso… Ed è divertente per un po’.

Alcuni sono sulla giostra da molto tempo, e cominciano a chiedersi:
E’ tutto reale? O è soltanto una giostra?
Ed altre persone, ricordandosene, tornano verso di noi e ci dicono:
“Ehy, non preoccupatevi, non abbiate più paura…
perché questa è soltanto una giostra.”

E noi uccidiamo quelle persone.
“Fatelo tacere, ho investito un sacco in questa giostra, fatelo stare zitto!”
“Guarda la mia espressione preoccupata.
Guarda il mio grosso conto in banca e la mia famiglia,
questo dev’essere per forza reale!”

E’ solo una giostra…
Ma uccideremo sempre quelle brave persone che cercheranno di dircelo…
Ci avete mai fatto caso?
E lasciamo che i demoni seminino il panico…
Ma non importa… Perché è soltanto una giostra…
e possiamo cambiarla in qualsiasi momento…

E’ soltanto una scelta.
Nessuno sforzo. Nessun lavoro.
Nessun impiego, nessun risparmio.

Solo una scelta, ora.
Tra la paura…

e l’amore.

martedì 13 settembre 2011

La speranza è l'ultima a morire

Si parla tanto di rivoluzioni colorate e primavere varie....
Ma quando avviene veramente qualcosa di importante la maggior parte dei giornalisti si finge cieco e sordo!
Un mondo diverso può esistere!!


Islanda, l’isola che non ci deve essere

Dal sito Altrainformazione



Nelle gelide acque del mare del nord, appena ritemprate dalla corrente del golfo, c’è un’isola di 103.125 km quadrati con 320.136 abitanti (censimento luglio 2010) che ha lo spettrale nome di Islanda (Iceland, terra del ghiaccio). In realtà quest’isola è quasi completamente verdeggiante nonostante le rigide temperature; dicono che il suo nome sia dovuto a uno “scherzetto” dei vichinghi che per camuffare le loro rotte invertirono i nomi dell’Islanda, appunto, e della Groenlandia (Greenland, terra verde), quasi completamente coperta dai ghiacci in ogni stagione.

Negli anni 2008- 2009 l’Islanda attirò su di se l’interesse della cronaca e ogni giorno non c’era telegiornale che non ragguagliasse sulla situazione dell’isola. Di cosa si parlava? Non del fatto che è uno dei pochi paesi al mondo senza un esercito; non della sua peculiarità di usare al 99,9% fonti di energia rinnovabili; non della bellezza dei suoi paesaggi. Bensì del fatto che la crisi economica avesse costretto il paese, alla fine del 2008, a dichiarare bancarotta a causa della dissennata politica economica delle sue banche che avevano offerto rendimenti altissimi a investitori stranieri. La corona islandese perse l’85% del suo valore, e il Fondo monetario internazionale accordò un prestito di 2,5 miliardi di dollari in cambio della consueta richiesta di misure economiche drastiche volte a costringere il governo islandese a farsi carico del debito bancario spalmandolo sulla popolazione.

Il governo in carica eletto nel 2009 con consultazioni anticipate in seguito alla crisi, era di centrosinistra e criticava le politiche liberiste del precedente governo, tuttavia non aveva gli attributi per opporsi al FMI e alle pressioni di quegli stati, come l’Inghilterra e l’Olanda, che prima avevano rimborsato gli investimenti dei propri cittadini in Islanda, poi chiedevano il conto al governo dell’isola. Perciò accettò di riversare il debito sulla popolazione proponendo una manovra di salvataggio che avrebbe costretto ogni islandese a pagare 100 euro al mese per quindici anni. Il tutto per saldare un debito contratto da privati nei confronti di altri privati.

Fu qui che successe l’irreparabile. Il misfatto che ha portato i nostri mass media nazionali a smettere immediatamente di parlare dell’isola nordica cancellandola dalle carte geografiche. Gli islandesi il debito non l’hanno pagato! Il capo dello Stato si rifiutò, in seguito alle proteste, di firmare l’attuazione del piano di salvataggio e indisse un referendum popolare per la sua accettazione. Questo referendum, svoltosi all’inizio del 2010, si concluse con una schiacciante vittoria di chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini; e questo nonostante le pressioni internazionali del FMI e degli altri paesi creditori che minacciavano di far diventare l’Islanda la “Cuba del nord” se fosse uscita vincente quella linea politica. Una volta vinto il referendum, il debito è stato addossato a chi l’aveva creato, ovvero ai direttori delle banche che con politiche scellerate avevano concesso interessi insostenibili e ai politici che non avevano vigilato sul loro operato.

Ma la rivoluzione sull’isola non si è fermata qui. Visto che c’era, il movimento islandese ha sancito l’indipendenza dalle politiche economiche delle banche con una nuova Costituzione, scritta da un’assemblea costituente di venticinque cittadini (il cui requisito primario era che non dovessero essere iscritti ad alcun partito), a cui chiunque poteva dare il suo contributo. I lavori erano online in tempo reale e tutti gli islandesi potevano dire cosa era di loro gradimento e cosa no. Per la prima volta nella storia la Costituzione di un paese non è stata scritta in stanze chiuse con accordi e intrallazzi politici fra i partiti ma sotto agli occhi di tutti e con il contributo di tutti.

E oggi? Tutto bene grazie. L’economia è in crescita (+2,5% nel 2011 e previsto un + 3,1% per il 2012), le sirene catastrofiste del FMI sono state azzittite, il welfare non è stato toccato, i servizi sociali neanche e le banche sono state nazionalizzate. L’isola che non c’è… o l’isola che qualcuno non vorrebbe che esistesse? Funzionerebbe tutto ciò in un paese che di abitanti ne ha decine di milioni e non 320mila? Non lo sappiamo, non abbiamo la sfera di cristallo né la pretesa di avere le verità (economiche) assolute. Ma la vera domanda da porsi è: perché non se ne può parlare? Perché i vari Minzolini di turno non danno queste notizie? Un paese che disobbedisce al FMI e torna a crescere economicamente fa cosi tanta paura? O forse fa paura il fatto che, come diceva Alan Moore nel suo “V for Vendetta”, «Non sono i popoli che devono avere paura dei governi ma i governi che devono avere paura dei popoli»?

L’Islanda non è solo il vulcano che blocca i cieli europei con le sue eruzioni, è anche l’esempio che le linee economiche del FMI non sono dogmi e che forse, davvero, un altro mondo è possibile.

giovedì 23 giugno 2011

Il governo italiano diventa "umanitario"

Di Massimo Mazzucco (luogocomune.net)

A furia di seminare fregnacce, si finisce per inciamparci dentro. Pare essere questo il destino del nostro Ministro Frattini, che ieri ha espresso la necessità di una sospensione delle incursioni armate in Libia – scrive l’ANSA - per consentire la creazione di corridoi umanitari in grado di aiutare la popolazione.

Ma come, Ministro Frattini, non eravamo andati in Libia proprio per motivi umanitari? Come siamo passati dalla necessità di bombardare “per motivi umanitari” a quella di sospendere i bombardamenti “per motivi umanitari”?

A quanto pare l’aggettivo “umanitario” è diventato un aggettivo universale, che si può usare in qualunque frangente, pur di dare una valenza positiva a quello che si sta facendo. Ne è la prova la frase, ancora più contorta, di Frattini, quando dice che è "fondamentale la cessazione umanitaria delle azioni armate".

Nemmeno nel “Guinness degli ossimori” una frase del genere troverebbe posto.

Che cos’è una “cessazione umanitaria delle azioni armate”, Ministro Frattini? Esiste forse anche una cessazione “disumana” dei bombardamenti? Si può smettere di bombardare i civili perchè ci fanno pena, ma anche magari per fargli un dispetto?

Il vero problema, naturalmente, non sta nelle buffe contorsioni a cui sono costretti i nostri politici …

… per giustificare in qualche modo le loro penose contraddizioni, ma nei grandi giochi che vengono fatti dietro alle quinte - e alle loro spalle - il cui prezzo si misura comunque e sempre in vite umane innocenti.

Ieri ci conveniva – o comunque qualcuno si era illuso che ci convenisse – partecipare a questa nuova rapina a mano armata della Libia, e oggi che ci siamo accorti che a noi come al solito non resterà niente in mano, diventiamo improvvisamente sensibili e teneri di cuore, e solleviamo la questione “umanitaria” rivoltata dalla parte giusta.

Peccato che i nostri aguzzini americani, tramite i loro schiavetti francesi ed inglesi, abbiano già detto che di interrompere le azioni militari non se ne parla nemmeno, e che anzi – secondo gli inglesi – queste andrebbero intensificate.

E non c’è nemmeno bisogno di sforzarsi molto per immaginare quale tipo di ricatto stia stato usato contro di noi, per obbligarci a partecipare a questa ennesima operazione di genocidio programmato: dopo Grecia, Portogallo e Spagna i prossimi sul baratro del tracollo finanziario siamo proprio noi.

Grazie, governanti italiani, per averci trascinato in questa vergognosa situazione, e grazie naturalmente a tutti coloro che vi hanno votato.

giovedì 16 giugno 2011

Non voglio un limite

E se mi riconosco in qualche cosa sul serio è proprio in quelle persone che ricercano il vero,
E se mi riconosco in qualche cosa sul serio è non avere un credo e libero pensiero!

Non voglio un limite! In questa vita io ci voglio credere sul serio. Non voglio un limite! Vorrei svegliarmi senza preoccuparmi del denaro! Non voglio un limite! Se deve andar così in non ci vivo in questo inferno!

mercoledì 4 maggio 2011

Bin Laden morto? La sceneggiata continua!


Di Marcello Pamio

Dal sito disinformazione.it

Il mondo civile esulta. Nelle principali città statunitensi, le persone invadono strade per festeggiare, ma attenzione perché non è il capodanno ebraico (appena passato), ma si brinda alla morte del capo di al Qaeda: il pericolosissimo Osama bin Laden.
Siamo finalmente giunti al capolinea: bin Laden è stato ucciso in un raid degli Usa in Pakistan.
Ufficialmente la fine drammatica dopo una lunghissima caccia al regista principale degli attentati dell'11 settembre 2011 negli Stati Uniti.
I leader di tutto il mondo hanno salutato con favore la sua morte, ma l'euforia è compensata dal timore di ritorsioni e dall'ammonimento di una rinnovata vigilanza contro eventuali attacchi.

Addirittura il democratico presidente Usa, Barak Obama, oggi ha detto che "questo è un buon giorno per l'America". "Il nostro paese ha mantenuto il suo impegno affinché fosse fatta giustizia. Il mondo è più al sicuro, è un posto migliore dopo la morte di Osama bin Laden".

Viene da chiedersi, dove il criminale patentato, l’uomo più ricercato nel pianeta, ha passato gli ultimi anni della sua vita. Forse in qualche caverna segreta del Pakistan? Oppure in qualche grotta dell’Afghanistan? Macché, i funzionari Usa hanno detto che bin Laden è stato trovato in una villa da un milione di dollari a circa 60 chilometri a nord di Islamabad. Un posto dove nessuno al mondo poteva pensare di trovare il vecchio miliardario saudita.

Sempre fonti ufficiali dicono che dopo 40 minuti di combattimenti, bin Laden è stato ucciso assieme ad altre persone.
Un commando di incursori della Marina, i mitici Navy Seals, si sono calati dagli elicotteri direttamente sopra il tetto della casa di bin Laden nella capitale del Pakistan.
Un alto funzionario alla sicurezza americano ha specificato alla Reuters, che è stata "un'operazione per uccidere", sottolineando però che "se avesse sventolato la bandiera bianca della resa sarebbe rimasto vivo".
E' alquanto difficile immaginare bin Laden mentre sventola una bandiera bianca!

L’attuale direttore della C.I.A., Leon Panetta ha detto che sicuramente al Qaeda cercherà di vendicare l'uccisione di bin Laden. Non si capisce bene se la sua è una profezia oppure una minaccia!
"I terroristi - continua Leon Panetta - quasi certamente cercheranno di vendicarlo, e noi dobbiamo, e lo faremo, restare vigili e risoluti".
Quindi non c’è nulla da festeggiare, anzi. La morte del leader storico e indiscusso di al-Qaeda, è l’inizio della vera guerra.

La cosa che però fa veramente sorridere è stata la sepoltura di bin Laden secondo il rito islamico.
Bin Laden infatti sarebbe stato sepolto in mare dal ponte di una portaerei americana nel nord del mar Arabico dopo essere stato lavato secondo i costumi islamici ed aver ricevuto un funerale religioso.
Il suo corpo prima è stato lavato e avvolto in un lenzuolo bianco e poi un ufficiale ha letto un testo religioso tradotto in arabo da un interprete. Dopo la lettura, il corpo è stato posto su una tavola piatta, ribaltato, e calato in mare, ha detto un funzionario americano.

Possiamo immaginare un comportamento più bello e democratico di questo?
Lo stavano cercando (vivo o morto) da numerosi anni e una volta ucciso il suo funerale sembra quello di un capo di Stato?
Il governo degli Stati Uniti, invece di sbrodolarsi e gongolarsi davanti al mondo intero, facendo semplicemente vedere il corpo privo di vita, preferiscono, in nome della religione farlo sparire nel mare? Ma possiamo veramente credere ad una simile idiozia?

Siamo così inebetiti che possono raccontarci simili favole? Forse qualcuno ai piani alti, pensa proprio di sì!
Ma anche loro per ebetaggine non scherzano, perché stando all’imam di Napoli, Yasin Gentile: “seppellire un corpo in alto mare, come è accaduto, non è una procedura rispettosa dei precetti dell'Islam che prevede una ritualità precisa”. “La decisione degli americani contrasta con i principi della sharia”, ha detto il membro del Comitato dei ricercatori dell'istituto del Cairo!
Quindi la scusante religiosa è assurda due volte.

E’ bene specificare che Bin Laden non era ricercato per gli attentati dell’11 settembre 2001, dove sono morte oltre tremila persone, come invece viene affermato dal governo centrale.
Questo è il motivo per cui nel sito ufficiale del F.B.I. c’era una taglia di 25 milioni di dollari sulla sua testa, ma dell’attacco alle Torri Gemelle di New York nessun accenno.
Come mai l’Ufficio Federale non associa bin Laden al World Trade Center?
Forse perché non hanno le prove che l’attentato è stato organizzato dal gruppo fantomatico chiamato al-Qaeda?

Se non è stato il terrorismo islamico internazionale chi ha potuto eludere con aerei di linea, la difesa più potente e gli spazi aerei più impenetrabili del mondo? Demolendo tre torri e bucando il Pentagono?
Ricordiamo infatti che bin Laden, è stato un uomo della C.I.A.: creato, istruito e finanziato dai servizi segreti statunitensi per scopi geostrategici e geopolitici.
La stessa cosa è avvenuta con moltissimi dittatori criminali sparsi nel mondo, uno per tutti, Saddam Hussein: prima pagato e armato per combattere la guerra fratricida contro l’Iran dal 1980 al 1988, poi diventato nemico da impiccare.

Come molti analisti hanno denunciato da anni, bin Laden molto probabilmente sarebbe morto anni fa, e mantenuto in vita tramite messaggi audio, video totalmente falsificati, per dare il messaggio al mondo che il pericolo è sempre in agguato, che il terrorista è sempre pronto ad attaccare.
Ufficialmente dicono di avere il suo dna che confermerebbe essere appunto bin Laden. A parte il fatto che dopo un giorno avere già un esame completo del dna è alquanto miracoloso, ma si sa che i laboratori militari sono abituati ai miracoli. Il punto è un altro, perché pochi ricordano che il miliardario saudita è stato curato diverse volte da medici americani, come per esempio nell’ospedale militare americano a Dubai, nel luglio 2001? Ecco il dna!

L’ultima falsificazione in ordine cronologico, direi vergognosa ed eclatante, è proprio l’uccisione mediatica di bin Laden.
La foto del corpo esanime di bin Laden, circolata subito dopo, è stata smentita, per ovvie ragioni e non serve essere un esperto di grafica computerizzata per smascherare l’evidente fotomontaggio. Si tratta dell’ennesimo falso clamoroso, una foto ritoccata dagli analisti del settore con montaggi, prendendo pezzi da altre foto, parti di testa di altre persone e in cui si vedono zone sgranate e sfocate come occhi e orecchio sinistro. Per non parlare del corpo che si vede sotto la barba, che sembra essere aggiunto a posteriori.
Altre foto stanno spuntando in rete, tutte ovviamente rigorosamente false.

La Casa Bianca sta attendendo – non si sa bene cosa - di pubblicare le vere foto del blitz, quelle che testimonierebbero il trasferimento del cadavere e addirittura il funerale!
Con le foto agghiaccianti che circolano nel web sulle varie guerre criminali, sulle violenze dei soldati statunitensi in Iraq, Afghanistan e Guantamamo, queste immagini sono così tremende che non sanno se darle oppure no in pasto ai giornalisti? Giornalisti-squalo che stanno pubblicando in questi giorni articoli a dir poco vergognosi.
Ma state tranquilli perché "alla fine - dice il capo della Cia, Panetta - una foto verrà diffusa". Stanno forse aspettando che arrivi un esperto serio in fotoritocco computerizzato?

L’unica cosa certa è che ufficialmente e mediaticamente, Osama bin Laden non serviva più da “vivo”, anche se probabilmente era morto da tempo.
Questo un po’ preoccupa, perché se la sua ibernazione mediatica è finita, certamente ci saranno altre cose in serbo per noi tutti che prenderanno il suo posto...

venerdì 8 aprile 2011

Energia: la soluzione esiste

Di Massimo Mazzucco (luogocomune.net)

All’inizio degli anni ’30, di fronte all’avanzare della rivoluzione industriale, era nato in America il cosiddetto movimento della “chemurgia”. Questa associazione di chimici, industriali, esperti di agricoltura e filantropi – dei quali faceva parte lo stesso Henry Ford - si proponeva di trovare soluzioni per evitare il completo abbandono dell’agricoltura a favore dell’industria, trasformando la produzione agricola in modo da poter fornire direttamente all’industria gran parte delle materie prime di cui necessitava.

Purtroppo questo concetto (che oggi cadrebbe sotto la definizione di “rinnovabile”) andava a scontrarsi direttamente con le nascenti industrie del petrolio e dei suoi derivati, del tessile sintetico e della stessa industria farmaceutica, che mirava a sostituire tutti i rimedi naturali della farmacopea (a base di erbe) con le pillole prodotte in laboratorio.

A loro, di utilizzare materiali “rinnovabili” interessava ben poco.



Cosa sia andata a finire lo sappiamo tutti, e le conseguenze ci vengono illustrate in modo eccellente dallo storico Gatewood Galbraith nell’estratto che avete visto: “Cento anni fa, il contadino produceva tutta la fibra, tutte le medicine, tutto il combustibile e tutto il cibo che la società consumava. Questa è l'agricoltura. Se coltivi queste 4 categorie, fibra, cibo, medicine e combustibile, e le vendi nelle città, come necessità fondamentali per vivere, i soldi fluiscono dalle città e tornano al proprietario della terra e al produttore. In questo modo la terra resta il mezzo di produzione della ricchezza. E' stato così per migliaia di anni. Oggi, 100 anni dopo, il contadino non produce più nessuna fibra. Al massimo produce cotone, …

… che è responsabile del 50% dei pesticidi ed erbicidi usati oggi in agricoltura. Il contadino non produce più medicine, tutto è stato monopolizzato dalle case farmaceutiche. Il contadino non produce più combustibili, è stato tutto monopolizzato dalle società petrolchimiche. E se vai al supermercato, e guardi gli ingredienti sulle scatole del cibo, scopri che il contadino è stato eliminato dalla catena di produzione alimentare. E' stato tutto preso in mano dai produttori di composti sintetici, i quali nel produrre questi composti sintetici creano i rifiuti tossici e i residui pericolosi che fatichiamo così tanto a smaltire. Non solo, ma concentra sempre più ricchezza nelle mani di poche persone, perchè il mezzo per produrre ricchezza non è più la terra, ma sono le fabbriche, gli azionisti, e la gente che detiene il controllo degli interessi di quelle società“.

Diventa quindi più facile capire come non sia sufficiente, oggi, riempirsi la bocca con parole come “energia pulita”, “fonti rinnovabili” e “schiavitù dal petrolio” – dando curiosamente quest’ultima come qualcosa di inevitabile – visto che il problema è molto più ampio ed intricato. Nessuna “fonte di energia pulita”, per quanto brillante ed efficiente possa essere, potrà mai risolvere da sola il problema dell’inquinamento del territorio e delle falde acquifere, e quindi quello della nostra catena alimentare. (Di recente hanno trovato il Prozac nei pesci di fiume del Texas).

Mentre una coltivazione oculata (alternata) di cannabis e di altri raccolti permetterebbe anche il completo risanamento da tutti i veleni oggi presenti nei terreni coltivabili, e delle falde acquifere sottostanti. (Fra le sue varie qualità, la cannabis è nota anche per saper eliminare tutti i composti tossici dal terreno in cui è coltivata).

Naturalmente, problemi di queste dimensioni non si possono risolvere nell’arco di poche settimane: se ci abbiamo messo più di un secolo a rovinare il nostro pianeta, ce ne vorrà almeno mezzo per rimetterlo in sesto, nella migliore delle ipotesi. Ma i cambiamenti di questo tipo non sono soluzioni “una tantum”, sono soluzioni radicali che possono davvero rappresentare la salvezza del pianeta, ma che necessitano prima una profonda inversione nel nostro modo di pensare. Il che, di questi tempi, è tutt’altro che poco.

sabato 19 marzo 2011

è tempo di piantarla!



Guardate questa piccola piantina, a cosa pensate?
Negli ultimi giorni ho capito quale sia il suo vero valore: la speranza in un mondo migliore.
Questa non è una frase scritta così tanto per fare, io ci credo veramente.

Purtroppo nel secolo passato degli uomini hanno avuto la pretesa di stabilire, in modo del tutto arbitrario, cosa era da mantenere e cosa da eliminare dalla creazione. Sono arrivati a imporre accordi in quasi tutti i paesi del mondo, in cui si prospettava la totale sparizione di alcune specie vegetali, chiamate per l'occasione "droghe", con la creazione del pensiero nella gente che "droga" è il demonio.

Naturalmente questi "uomini" difendevano i loro interessi privati, arrivando ad inventare le bugie più ignobili per mascherare il loro operato, ma avevano il potere sui mezzi di informazione, e non vergognandosi di ricorrere alla violenza pur di imporre il loro volere, sono quasi riusciti nei loro loschi intenti.

Oggi siamo nella situazione assurda che la cannabis, coltivata per millenni in tutto il mondo, una delle primissime piante di cui l'uomo si è servito, che ha permesso ed ha avuto tanta parte in quella che chiamiamo "civilizzazione", una pianta che in tante culture è considerata un dono divino, sia perseguitata in quasi tutto il mondo. Come si può criminalizzare un vegetale?



La canapa può essere utilizzata in tutte le sue parti: dalla corteccia che fornisce una fibra dagli usi innumerevoli, al fusto legnoso che può essere usato per la produzione di fibra, di carta, di energia o può essere trasformato in ogni tipo di materiale come la plastica, alla radice usata in erboristeria e in medicina, ai semi preziosa fonte alimentare e produttori di un olio che può essere usato in cosmetica, come solvente, come medicinale e come olio combustibile. Le foglie e i fiori sono utilizzabili sia generare biomassa per la produzione di energia insieme alle altre parti della pianta, sia, soprattutto le infiorescenze delle piante femmine, per scopi medicinali con un campo di applicazioni vastissimo, a scopo religioso e sacramentale, e ricreativo, edonistico.

La proibizione della canapa presentata come legge contro quest'ultima utilizzazione, in realtà è rivolta soprattutto contro il potenziale economico di una pianta annuale, e perciò rinnovabile continuamente, produttrice di fibra, energia, cellulosa, medicinali, cibo, e che ha, se consumata, la "colpa" di provocare benessere, di sorridere alla vita con benevolenza, affrontandone meglio le difficoltà.

Con questa bella piantina verde ci si può fare di tutto, ma la cosa principale è che sarebbe a disposizione... di tutti!
Noi siamo schiavi del petrolio e dei suoi derivati, e di quelle poche persone che lo controllano. Noi ci crediamo liberi ma la semplice verità è che non lo saremo mai finché continuiamo su questa strada.

Dobbiamo riprenderci quello che ci è stato tolto con l'inganno. è tempo di piantarla!

domenica 30 gennaio 2011

Cancro - le cure proibite



Ieri sera ho visto questo film-documentario di Massimo Mazzucco e devo dire che mi ha fatto pensare molto.
"Il film NON intende promuovere la validità di una qualunque cura rispetto ad altre, ne vuole suggerire l'abbandono di eventuali terapie in corso a favore di altre. È un lavoro di carattere puramente storico/informativo, non scientifico e non intende in ogni caso essere esaustivo.".

Gli argomenti trattati sono essenzialmente questi:

PRIMA PARTE: LE TERAPIE UFFICIALI

STATISTICHE Un secolo fa veniva colpita dal cancro una persona su 20. Oggi tocca ad una persona su 3.
LA TEORIA UFFICIALE La stessa di 50 anni fa.
LA TRINITÀ INTOCCABILE Chirurgia, chemio e radioterapia.
LA GUERRA DEI DOTTORI Allopatici contro empirici, ovvero chimica contro natura.
LA VITTORIA DELL'INDUSTRIA Come i banchieri si impadronirono della salute del mondo.
BIG PHARMA Un monopolio incontrastato.

SECONDA PARTE: LE CURE NATURALI

ESSIAC Storia di Renè Caisse.
HOXSEY Il ciarlatano che curava li cancro.
MAX GERSON Il padre di tutte le diete.
MARIJUANA La vera storia della proibizione..
GERD HAMER La Nuova Medicina Germanica.
WILHELM REICH Cancro e Orgone.
ALTRI METODI CONOSCIUTI Cartilagine di Squalo, Iscador, Laetrile (B-17), ecc.
TULLIO SIMONCINI L'ipotesi fungina.

La cosa che mi ha colpito di più è stata la storia dell'infermiera Renè Caisse e del petroliere Harry Hoxsey. Entrambi avevano una ricetta di erbe che era in grado di curare il cancro, e le prove stavano in tutti i loro pazienti guariti. Nonostante REGALASSERO questa tisana a tutte le persone che lo chiedevano hanno dovuto chiudere baracca... Mi sembra veramente assurdo che una persona non possa regalare una tisana di erbe a chi la desidera...


Certe persone sono state strappate dai libri di storia. Anzi, non ci sono mai entrate.
E altre raccontano da anni, raccontano da sempre, in convegni, simposi, lezioni, studi televisivi i dogmi diventati verità inconfutabile.
Come quella per cui “la chemioterapia e i farmaci sono l’unica vero percorso per cercare di affrontare cancro e tumori.. non ne è stato mai trovato un altro di valido..”.
Noterete come coloro che sostengono il contrario non sono stati confutati in un dibattito franco e aperto, attraverso scambi di conoscenza e riflessioni.. ma ridicolizzati e stigmatizzati.

La nostra mente è complice. Come potremmo mai credere che decenni di strutture, investimenti supertecnologici, raccolte fondi miliardarie, telethon, ecc.. hanno fallito o hanno ottenuto solo vaghi risultati, possa di punto in bianco riuscirci un percorso o un terapia che non costa più di tanto, non coinvolge apparati, e magari si fonda su capacità innate di autoguarigione o su insegnamenti e pratiche alla portata di tutti?

E invece ci hanno sbarrato la porta all’imprevedibile e al ribaltamento, con una bella scritta sopra a spaventare i viaggiatori.. NON CI SONO ALTERNATIVE!

Non è tanto importante che crediate alla bontà della cura descritta in queste due storie che leggerete, ma che teniate presente che tutte le volte che persone e terapie sono emerse potentemente ad incrinare ortodossie ed estabilishment, la reazione è stata sempre durissima.
Ci sono persone guarite dal cancro seguendo altri percorsi. Persone studiate e documentate.
Guardate questo film e soprattutto pensate!

lunedì 17 gennaio 2011

La bufala del nucleare



A seguito della conclamata ingannevolezza mediatica dello spot della Campagna TV del Forum Nucleare Italiano, qualcuno ha deciso di riequilibrare appena un po' il dibattito attraverso questo contro-spot.

Il video sotto invece è la prima parte di "Uranium : le scandale de la France contaminée". La versione italiana del documento trasmesso da France3 nel 2009 che parla delle scorie radioattive utilizzate per la costruzione delle infrastrutture sul suolo francese.



"E tu sei a favore o contro l'energia nucleare? O non hai ancora una posizione?".

lunedì 3 gennaio 2011

Una nuova proprietà fisica dell'universo

Se sognate di demolire un edificio, come si vede in televisione nelle demolizioni controllate, ma non disponete di nessun genere di esplosivi ora tutto questo è possibile!

Avete problemi col vicino? La vostra ragazza\o via ha lasciato\a? Il vostro capo vi ha licenziato? Se volete vendicarvi di un torto subito da qualcuno oggi potete farlo senza troppi problemi e in un modo veramente impressionante distruggendo la sua casa!

Il National Institute of Standards and Technology (NIST) ha scoperto una nuova "proprietà fisica dell'universo" grazie alla quale delle "fiamme irregolari" in un'edificio possono causare un "crollo simmetrico e completo della struttura".

Cosa aspettate? Armatevi di fiammiferi e benzina e iniziate a bruciare le case! lo spettacolo è assicurato!!



Se una versione ufficiale come quella dell’11 settembre fa acqua da tutte le parti e cozza addirittura contro le leggi della fisica, la propaganda ci mette una “pezza” inventando nuove proprietà della materia. Purtroppo non è uno scherzo...

Il sergente Romano

Dal libro "Terroni" di Pino Aprile



Al Sud c'erano i briganti; i piemontesi li eliminarono (grazie, neh?). È quello che avevo sempre creduto e mi era stato insegnato, ma quasi di sfuggita e malavoglia, pure a scuola, come non fosse il caso di rinnovare un'antica vergogna. E non mi dispiaceva: avevo visto le foto seppiate dei cadaveri di malandrini e delle loro donne, nudi come selvaggi (ma denudati dai civilizzatori); le teste mozzate da inviare a lombrosiani ricercatori di caratteri e fisionomia del perfetto delinquente (meridionale, ovvio, per natura). Nel film ci era toccata la parte del cattivo. Avvertivamo, noi studentelli del Sud, il fastidio di aver risposto alla gloriosa epopea garibaldina, con una masnada di grassatori e tagliaborse, dai cappellacci a cono, come le streghe, e schioppo a trombone in spalla: trogloditi alti uno e cinquanta, scuri di pelle e di negro crine, fronte bassa, occhio torvo e spento (succede, se fotografi i morti); un po' Barabba, un po' Giuda (31 scudi: uno in più, fu la buonuscita che l'Italia unita diede ai garibaldini meridionali, quando se ne liberò, perché non le servivano più). Vuoi mettere lui? Un Gesù Cristo armato, il biondo capello al vento dei vincitori, con l'eccentricità del poncho, bianco destriero, barba dorata e occhio ceruleo che mira oltre l'orizzonte, a quel futuro tricolore illuminato dai riflessi della sua spada (l'arma dei cavalieri) puntata contro il... sole. Quello è un uomo! E se il libro di storia ti chiede da che parte vuoi stare, tu che gli dici: sono meridionale come il brigante o "italiano" come Lui?

Eppure, avrei potuto capire molto prima come stavano davvero le cose, perché non c'erano condanna e vergogna nel tono con cui mio padre mi indicò il luogo in cui era stato esposto, a Gioia del Colle, il corpo del Sergente Romano, nostro compaesano. Pareva narrasse quasi di un eroe, non di un brigante; e io non compresi il valore di quella incongruenza. Non feci domande, tanto ero lontano dall'idea che ci fosse qualcosa da aggiungere o correggere riguardo a quel che ci era stato consegnato come verità. Né mio padre disse altro: era restìo a parlare di cose truci. Della guerra, del campo di concentramento, per dire, mi confidò poche cose solo alcuni anni prima di morire.

E non aveva torto sul Sergente Romano. Lo scoprii quando le letture non scolastiche di storia fecero sapere anche a me che l'Unità d'Italia a spese del Sud non debellò il "brigantaggio", ma lo generò, quale fioritura opportunistica di delinquenti in una stagione di grande illegittimità e confusione; come guerra civile, fra i cafoni derubati delle terre demaniali liberamente coltivabili e i galantuomini che le avevano usurpate; e come guerriglia di ex militari napoletani, patrioti e cittadini che non accettarono la fine delle libertà, del benessere e dei diritti (pur criticabili per quantità e qualità, come sempre, ovunque) goduti sotto il re Borbone delle Due Sicilie e sostituiti da un regime di terrore, spoliazione e arbitrio: quel «sistema di sangue», secondo Nino Bixio, il vice di Garibaldi, «inaugurato nel Mezzogiorno» da occupanti che parlavano francese o dialetti mai uditi.

Soldati del re napoletano, sudditi legittimisti, cafoni impoveriti e veri briganti finirono insieme e questo li rese, per l'invasore e i suoi libri di storia, tutti briganti. E tale fu considerato chiunque fosse sospettato di simpatia, conoscenza, consanguineità (brigante lui? Brigante il padre, brigantessa la madre, brigante il figlio della sorella, brigantessa pure quella...). Perché non si mantennero distinti soldati e ladroni? Nel 1979, per un reportage, raggiunsi i guerriglieri khmer rossi nella giungla. Al pranzo "ufficiale", con il governo alla macchia della Cambogia invasa dai vietnamiti, ebbi accanto il ministro della Scienza e tecnologia: ex imprenditore, era stato l'Agnelli o il Moratti del suo paese. L'intera sua famiglia era stata soppressa dai comunisti-terroristi a tavola e al governo con lui. «Ma come fa a starci?» gli chiesi. «L'alternativa sono i vietnamiti che sterminano quel che resta del mio popolo, dopo il massacro condotto da chi ha ucciso i miei» rispose (in perfetto italiano, oltretutto).

«Finora avevamo i briganti» scrisse Vincenzo Padula, cronista dell'epoca, liberale, favorevole all'impresa unitaria, in Calabria. Prima e dopo l'unità, «ora abbiamo il brigantaggio; tra l'una e l'altra parola corre grande divario. Vi hanno briganti quando il popolo non li ajuta, quando si ruba per vivere o morire con la pancia piena» (ma questo non avveniva solo al Sud); «e vi ha il brigantaggio quando la causa del brigante è la causa del popolo.» E se non è così, il ribelle non dura, faceva osservare, nel 1865, un legittimista, Tommaso Cava de Guéva (lo riferisce Francesco Mario Agnoli in Dossier Brigantaggio): nel 1849, in un mese, Garibaldi rimase solo e in fuga, negli Stati pontifici; Pisacane e i suoi trecento giovani e forti furono fatti a pezzi con roncole e forconi dalla popolazione; i fratelli Bandiera e compagni, in quattro giorni erano dinanzi al plotone d'esecuzione. E sulla qualità dei briganti, il marchese di Villamarina avvertiva Cavour che «le masse» erano guidate da «ufficiali e sottufficiali» borbonici. (Da duecento ex militari napoletani era composta la "Squadra Ciccone", che rimase imprendibile per otto anni; nel 1868, un'imponente formazione piemontese la circondò e sterminò.)

Il Sergente Romano fu a un passo dal divenire un Garibaldi alla rovescia: era accolto da liberatore nelle cittadine che conquistava, sconfiggendo guardie nazionali, carabinieri e soldati piemontesi; riuscì a inquadrare militarmente, al suo comando, le principali formazioni irregolari che battevano la Puglia, e condusse operazioni con quelle di altre regioni; ai suoi ordini (a proposito di briganti) c'erano Michele Clericuzio, per anni istruttore nei reggimenti borbonici, e tanti altri provenienti dalle disciolte armi napoletane: soldati di linea, cacciatori, granatieri, gendarmi reali, dragoni, lancieri. All'inizio, Romano arruolò solo ex commilitoni, ma sapeva di non poter scegliere i suoi uomini; l'impresa che tentò, e quasi gli riuscì, fu di trasformare il brigantaggio in vera guerra civile e legittimista. Nel suo diario, racconta che «un dì si presentarono meco tredici masnadieri», sedicenti «difensori di Francesco II e della santa Chiesa». Salvo scoprire che «si permettevano pure fare i furti senza la mia conoscenza dove io ordinava di andare ordinatamente e militarmente con educazione»; e che borbottavano: «Siamo chiamati ladri e dobbiamo rubare». Lui, per darsi alla macchia, spese i suoi risparmi: mille piastre.

Gli occupanti dovettero impiegare migliaia fra soldati, carabinieri e guardie nazionali, per riuscire a isolare l'ex ufficiale, catturarlo e ucciderlo. Un cronista della «Gazette de France» raccontò, mesi dopo: «A Gioia, un contadino mi indicò il luogo dove i vincitori esposero con orgoglio, per otto giorni, il cadavere fatto a pezzi. Tutti gli abitanti del paese vollero contemplare un'ultima volta gli avanzi irriconoscibili dell'eroico brigante; si andava là, come a un pellegrinaggio santificato dal martirio; gli uomini si scoprivano, le donne si inginocchiavano, quasi tutti piangevano: egli portava nella tomba il cordoglio e l'ammirazione dei suoi conterranei».

Il popolo non credette alla sua morte. C'era chi giurava di averlo incontrato nei boschi: «È vivo. Tornerà». Come re Artù. La leggenda dice che a morire fu un altro; lui era invulnerabile e immortale, per la speciale medaglia mandatagli dal papa, come scrisse ai propri genitori Carlo Gastaldi, che disertò l'esercito piemontese per unirsi a lui (non fu il solo "soldato blu" a passare con gli "apache") e ne divenne miglior amico e segretario-luogotenente. Da atti processuali dell'epoca si apprende che «nell'esaltata immaginazione delle moltitudini», il Sergente Romano «sarebbe vissuto, per molti anni ancora, occulto, solitario e ramingo». E mio padre ne doveva aver udito parlare in quei termini: da messia, non da delinquente. A lui, persone vicine ai fatti narrarono il coraggio di un uomo; a me, i libri di storia, il disonore di troppi ribaldi e del popolo che li espresse. Dall'orgoglio alla vergogna. Sono sempre più numerosi, al Sud, quelli che ripercorrono questo rio all'incontrario, per ritrovare, con la verità sull'origine della loro storia unitaria, la ragione di esserne fieri. E uscire dallo stato di minorità. [...]

Romano aveva 21 anni quando il suo paese fu invaso: un ritratto lo mostra bello e fiero in divisa, barba curata, capelli folti. Figlio di un ricco allevatore della Murgia, nell'esercito crebbe in cultura, stile, grado. Era una persona perbene e lo riconoscevano persino i compilatori dei bollettini di guerra piemontesi. Il suo comportamento nell'esercito borbonico era stato esemplare e quello di cittadino «italiano», dopo la conquista piemontese del Sud, non fu da meno: la sua fedina penale rimase immacolata, in un tempo in cui un debole entusiasmo per il nuovo re bastava per ritrovarsi in carcere, senza necessariamente essere accusati di qualcosa. Tanto che lo storico Antonio Lucarelli, suo principale biografo, scrive che fra la "ciurmaglia" degli altri oppositori armati all'invasione, il Sergente si distingueva per «naturale ingegno, pertinace volontà, indole intraprendente» ma soprattutto «per una certa rudimentale cultura e per assenza di precedenti penali» (Il sergente Romano. Brigantaggio politico in Puglia dopo il 1860).

Da partigiano, fu imprendibile, coraggioso; e spietato, se occorreva. Nel 1862, nel Brindisino, due squadriglie di guardia nazionale di Cellino San Marco e San Pietro Vernotico e un plotone di carabinieri intercettarono i "briganti" e andarono all'assalto. Salvo fuggire, appena videro che si trattava del Sergente Romano. Una dozzina furono presi e "processati" dall'ex ufficiale borbonico, che aveva una efficientissima rete di informatori («Giuseppe Mauro, tu avevi quattro carlini al giorno come spia, sotto Francesco, e ora ne hai tre sotto Vittorio Emanuele.» Fucilato). Un milite, Vitantonio Donadeo, invocò la Madonna del Carmine e l'arma che doveva finirlo s'inceppò. «Alzati, che tu sei salvo» lo graziò Romano, anche lui devoto della Vergine del Carmine, per la quale scriveva preghiere.

Era abile in campo aperto, ma più in azioni da commando. Le guardie civiche di Alberobello, «perlustrando le finitime selva», scoprirono una sua polveriera, la sequestrarono, catturarono il guardiano. Lui, con una trentina dei suoi, assaltò la caserma, liberò il prigioniero, recuperò le munizioni sequestrate, portò via bandiere, tamburo e armi delle guardie. E le guardie. Che liberò fuori paese. Lo stupore partorì un esclamativo nel rapporto del prefetto: tutto «in un quarto d'ora!».

Ma l'impresa che ne aveva rivelato le capacità e l'audacia era stata la riconquista di Gioia del Colle, ventimila abitanti. Un paese, il suo (e il mio), che cova furori (oggi, parrebbe, e per fortuna, sedati). Ogni sessant'anni circa, la passione politica vi partoriva una strage intestina. Lucarelli, nato in un paese vicino, scrive che gli abitanti di Gioia arrivano a tali macelli, per «risolutezza di carattere, insofferenza ai soprusi (...) l'impulso dell'animo impetuoso e ribelle» e «sostengono i loro principi e la loro fede con acerrima gagliardia». Nel 1799, lo scontro fu fra giacobini e sanfedisti; a capo degli opposti partiti, due fratelli, Pasquale (giurista e letterato) e Cesare Soria: avversari cercati casa per casa, saccheggi, uccisioni, persone arse vive, danze degli assassini. Un sabba di sangue. Nel 1861, l'opposizione era fra legittimisti borbonici e unitaristi, con tutte le sfumature del caso: molti, favorevoli all'idea dell'Italia una, ne ebbero disgusto quando videro che si riduceva a oppressione e rapina del Sud («Bella è l'unione nazionale,» ebbe la disgrazia di dire ad alta voce il mite barone e giurista Gianantonio Molignani «ma noi saremo i pezzenti dell'Italia unita». E si guadagnò il carcere).

Dopo l'uccisione di un caporale della guardia nazionale, il Comitato di sicurezza di Gioia decise di farla finita con Romano e i suoi uomini; d'accordo con il prefetto, unì le proprie forze (militi e cittadini armati) a quelle di altri quattro popolosi centri e mosse sul bosco di Vallata. Il Sergente seppe tutto subito, grazie al suo servizio di spionaggio. E, pressato dai suoi, invece di fuggire, attaccò Gioia, aggirando la colonna che gli dava la caccia. Il paese era ben difeso, anche da un cannone che sparava a mitraglia, ma l'impresa riuscì e il popolo seguì il libertador al grido di «Viva Francesco II! Abbasso Vittorio!». Dall'altra parte, soprattutto professionisti, proprietari, artigiani, persino preti che impugnavano fucili. Si combatté strada per strada, più o meno: borghesi contro cafoni.

Il peggio accadde nelle retrovie: gli oppressi di ieri andarono a caccia dei loro pari e vicini di casa divenuti oppressori o presunti tali. Giovani garibaldini e guardie nazionali furono tratti dalle loro abitazioni e linciati in strada. Un'orgia di violenza, seppur contenuta nei numeri, visto quel che accadde dopo: in sette vennero macellati dalla folla. Ma su Gioia, ormai, convergevano dalle cittadine prossime e dal capoluogo, centinaia di uomini di rinforzo per gli assediati: carabinieri, militari, milizie locali, cittadini di buona volontà e buona fucileria. Il Sergente riuscì a sgusciare, con i suoi, dalla tenaglia in cui le truppe sopraggiunte chiusero il paese.

Di quel che accadde dopo, le cronache narrano poco, perché lo fecero i vincitori, ma potrebbero bastare le cifre: l'orgia ricominciò, con aggressori e vittime a ruoli invertiti; i militari fucilavano su semplice indicazione dei cittadini, a lotti di decine o singoli; altri "civili" provvedevano da soli (mentre nel Regno delle Due Sicilie non solo era sacro il diritto alla difesa dell'imputato, ma da quasi cento anni c'era già l'obbligo, per i magistrati, di motivare le loro sentenze). Quei sette linciati dal popolo furono vendicati dal resto del popolo, con qualche eccesso, se alla fine della mattanza si contarono oltre centocinquanta cadaveri. Una rappresaglia venti a uno: manco i nazisti alle Fosse Ardeatine.